Dalla rivoluzione industriale a quella digitale, e il 78% delle aziende censite da uno studio condotto su scala mondiale da Vanson Bourne (per conto di Dell Technologies) percepisce come un pericolo questa evoluzione. Oltre 4mila manager di medie e grandi imprese ritengono che le nuove imprese nate in era digitale rappresentino una minaccia per le loro realtà. Sia ora che nel prossimo futuro.
Diverse società sono, in altre parole, consapevoli di poter essere danneggiate dal radicale processo di cambiamento in corso. È l’altra faccia della rivoluzione tecnologica che sta imperversando dalla finanza al food? Probabilmente sì. Non si spiega altrimenti perché quasi la metà (il 45% per la precisione) delle organizzazioni oggetto di indagine teme di poter diventare obsoleta nei prossimi 3-5 anni, pagando dazio alla competizione con le startup innovative.
Lo studio mette inoltre in evidenza una curiosa dicotomia, legata al grado di impreparazione che ancora caratterizza le aziende al cospetto degli impatti generati dalle nuove tecnologie. Se il 52% delle aziende considerate come “leader” conferma infatti di aver avuto esperienza di stravolgimenti significativi nei propri settori di competenza “imposti” dagli strumenti digitali e dall’Internet of Everything nel corso degli ultimi tre anni, il 48% non è in grado di prevedere l’evoluzione del proprio mercato nei prossimi tre anni.
Se è forse azzardato parlare di “crisi digitale” che incombe sulle aziende, è certo che il progresso di cambiamento in atto è disomogeneo e a dir poco irregolare. Alcune aziende hanno infatti a malapena iniziato la loro trasformazione, molte hanno adottato un approccio graduale e solo una piccola minoranza ha quasi completato il passaggio. E ancora: solo una società su tre del campione sta facendo registrare buone prestazioni in quelli che sono i pilastri del business digitale mentre la stragrande maggioranza (il 73%) ammette che il cambiamento guidato dalle tecnologie potrebbe essere più diffuso all’interno dell’organizzazione.
Lo scenario in cui si muovono le aziende è quindi totalmente in divenire, e in quest’ottica anche la nascita di progetti di innovazione aperti all’esterno probabilmente ne risente. Eppure più di un terzo delle aziende censite assicura di aver avviato una partnership con delle startup al fine di adottare un modello di open innovation e il 28% ha scorporato una parte dell’organizzazione o ha intenzione di fare proprie le capacità innovative di cui necessitano attraverso operazioni di merge and acquisition.
Dalla rivoluzione industriale all’evoluzione industriale. Ogni rivoluzione industriale è frutto di scoperte scientifiche ed invenzioni tecnologiche fatte da pochi uomini in aree ben delimitate del pianeta. Ogni rivoluzione industriale richiede tempo per la sua diffusione ma alla fine crea, a livello planetario, un ecosistema socio-economico che assicura, attraverso processi di raffinamento-adattamento, che la tecnologia iniziale sia sottoposta ad un processo di selezione naturale non molto dissimile da quello a cui è sottoposto il mondo biologico. Niente e nessuno può arrestare il processo evolutivo di una tecnologia. Nel mondo sono in uso più di 2 miliardi di PC e circa 1,5 miliardi di smartphone, entrambi prodotti evolutivi di elettricità e telegrafo. Consiglio ai 4 manager su 5 che considerano il digitale una “minaccia” di modificare il loro punto di vista e considerare il digitale “un’opportunità”. Il processo evolutivo non può essere né regolato ad arte né tantomeno arrestato.