Si è tenuto ieri a Roma il convegno “C’è un passato nel nostro futuro? Informazione fra libertà, regole, post-verità e menzogne”, organizzato dall’Associazione Osservatorio TuttiMedia, e dalla rivista ‘Media Duemila’, in collaborazione con la Fnsi.
Se oggi caratteristica del messaggio è la velocità, come si può garantire la “bontà” di una notizia? Come risposta, i tre concetti che sono emersi dalle analisi di quasi tutti i relatori intervenuti sono: pluralismo delle fonti, credibilità dei giornalisti (che secondo il relatore Luciano Fontana vuol dire imparzialità) e trasparenza dei media.
Ad apertura del convegno i saluti di Paolo Butturini, della segreteria della Fnsi, che ha racchiuso il senso del suo intervento in una metafora: «L’informazione è l’aria che respira la democrazia. Ed è sempre più inquinata». La presidente della Rai, Monica Maggioni, ha poi ripreso questo paragone riflettendo sul ruolo che il servizio pubblico ha nella costruzione di una società democratica. «Il servizio pubblico ha una responsabilità aumentata che va verificata di continuo – ha affermato la presidente. – Tra i credibili deve essere il più credibile, tra i responsabili il più responsabile e tra gli urlatori, se possibile, quello che urla di meno».
Il sociologo Derrick de Kerckhove si è soffermato sul fenomeno delle fake news, sulle quali ha dichiarato: «Fanno presa perché sono funzionali alla creazione di consenso. Dicono alla gente quel che la gente vuol sentirsi dire. Difficile smontarle con la logica, anche perché la rete è un luogo popolato di emozioni che viaggiano in real time: troppo veloci per poter essere analizzate. Per questo serve un nuovo patto sociale tra i giornalisti e l’opinione pubblica». Stesso tema affrontato da Gina Nieri, direttore divisione affari istituzionali Mediaset, che ha affermato che contro le fake news «non voglio tribunali della verità o leggi parziali, il minimo comun denominatore può essere solo l’Europa», e da Fabrizio Carotti (Fieg) che ha dichiarato che «senza risorse adeguate non si può produrre informazione di qualità». Risorse che non mancano, visto che «Gli operatori sul web raccolgono ogni anno due miliardi di euro di pubblicità, più del doppio di tutta la carta stampata italiana».
Uno dei concetti sottolineati è stata la necessità di riconoscere, ormai, la “realtà” dei luoghi digitali. Marco Bardazzi ha parlato dell’esigenza di «abitare i social network pensandoli come luoghi veri, benché virtuali». Riccardo Luna ha esortato i colleghi non solo a riportare i fatti al centro delle notizie, ma anche ad uscire dalla torre d’avorio e andare a portare l’informazione di qualità là dove sono i lettori. Antonello Soro, infine, ha chiuso la tavola rotonda invitando giornalisti e media a prendere coscienza del fatto che «la dimensione digitale è la vita reale» e ad entrare nel dibattito digitale con l’autorevolezza che richiede il loro ruolo.